“La Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative, Federvini, Unione Italiana Vini e Federdoc – informa il direttore della Cia di Cuneo, Igor Varrone – hanno scritto una lettera al ministro delle politiche agricole Maurizio Martina in difesa delle dop e igp con il nome del vitigno. Si teme, infatti, che la Commissione europea, nella revisione delle norme che disciplinano l’etichettatura dei vini, renda possibile, per un qualsiasi vino europeo, riportare in etichetta nomi quali Barbera, Brachetto, Cortese, ecc.ecc. Sono tutti termini che costituiscono, parte integrante di rinomate dop o igp registrate già a partire dalla metà degli anni settanta e che come tali andrebbero tutelate, anche contro fenomeni di concorrenza sleale tra gli stessi produttori europei”. L’attuale OCM vino consente l’indicazione in etichetta del vitigno e dell’annata di produzione anche per i vini senza alcun legame con il territorio di produzione. Sono i cosiddetti vini varietali “da tavola”. Gli Stati membri possono però imporre delle limitazioni nazionali alle uve utilizzabili per la produzione di vini varietali. Il Ministero Italiano, per proteggere le varietà territoriali, con Decreto Ministeriale n° 381 del 19 marzo 2010 ha prescritto che nel nostro Paese per la produzione di vini varietali “da tavola” siano utilizzabili soltanto le uve di alcuni vitigni internazionali: Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Sauvignon, Syrah. La stessa OCM vino pone anche un’altra limitazione: prevede che le varietà che sono parte del nome di una denominazione di origine possono essere utilizzate per produrre vini varietali “da tavola”, ma solamente nello Stato membro in cui ricade la denominazione di origine. Da queste varietà non può essere prodotto un vino varietale “da tavola” sull’intero territorio comunitario. La varietà Barbera, ad esempio, per il combinato disposto della normativa comunitaria e di quella europea, non solo non può essere utilizzata in Italia per produrre un vino varietale, in quanto non rientra tra i vitigni previsti dal DM 381, ma non può neppure essere utilizzata per produrre vini varietali negli altri Stati membri, essendo parte di una denominazione d’origine italiana. Bruxelles ha proposto però una modifica dell’Ocm che contempla la liberalizzazione indiscriminata di tutti i vitigni e dell’uso del loro nome in etichetta. “Solo per fare alcuni esempi – ricorda l’on. Massimo Fiorio, astigiano e membro della Commissione agricoltura della Camera – se la Commissione Ue decidesse di procedere secondo le opzioni di modifica presentate sarà possibile, per un qualsiasi vino comune europeo, riportare in etichetta nomi di vitigni quali “Barbera”, “Lambrusco”, “Nebbiolo”, “Primitivo”, “Sangiovese”, “Teroldego”, “Verdicchio”, “Vernaccia” o “Vermentino”, solo per citarne alcuni, tutti nomi di varietà che costituiscono la parte integrante di rinomate Dop o Igp, perché caratteristiche di quei luoghi e, quindi, strettamente legate a quei territori”. Il Presidente regionale della Cia Lodovico Actis Perinetto è intervenuto sull’argomento dichiarando che “una riforma come quella allo studio rischia di scontentare tutti penalizzando i produttori senza alcun vantaggio di trasparenza per il mercato. Per questo le organizzazioni del vino hanno chiesto a Martina di attivarsi perché una tale proposta di deregulation non si trasformi in un regolamento che rischierebbe di banalizzare dop ed igp italiane penalizzando gli investimenti sostenuti negli anni dai produttori”.
Nell’incontro di ieri tra il Ministro Martina ed il Commissario Hogan, quest’ultimo ha detto al nostro Ministro che non intende cambiare l’attuale normativa. Se così fosse, il Commissario dia le necessarie disposizioni affinché venga ritirata la bozza di atto delegato inerente la liberalizzazione dell’uso del nome dei vitigni.