Sui dazi è chiaro che non c’è chiarezza, in questo momento. Dal 18 febbraio le direzioni saranno già meglio definite, ma le informazioni che circolano non fanno dormire sonni troppo tranquilli ai produttori vitivinicoli che esportano, tutto o in parte, le loro produzioni con destinazione Usa.
I dazi paventati dall’amministrazione Trump su alcune produzioni italiane mettono in allarme i produttori e gli operatori economici del settore (anche americani) tanto che la Cia di Cuneo ha organizzato un incontro per spiegare lo stato dei fatti agli imprenditori che sono coinvolti dal possibile cambiamento.
Se ne è parlato a Monforte d’Alba lo scorso 3 febbraio nell’azienda vitivinicola Conterno Fantino del presidente provinciale Cia Claudio Conterno, che – insieme al direttore Cia Igor Varrone – ha invitato a parlare con gli associati anche il presidente nazionale Cia Dino Scanavino e il presidente regionale Cia Piemonte Gabriele Carenini.
In questo momento i dazi sono fissati al 25%, qualcuno parla di un aumento al 40%.
Sui dazi non è la prima volta che si discute e alcuni episodi si sono verificati nel passato, come ha ricordato Conterno in apertura dei lavori: “Già negli anni Ottanta abbiamo vissuto una situazione analoga a quella attuale. Allora come adesso alcuni produttori avevano spedito grandi quantità di bottiglie per anticipare l’introduzione dei dazi, che avrebbero inciso sui costi di export, però poi i dazi in questione sono stati tolti con il conseguente drammatico crollo dei prezzi, a causa dei quantitativi in sovrannumero che avevano inflazionato il mercato. Spero che questa volta ci sia maggiore raziocinio e non si arrivi più a quella deriva”.
Il presidente Scanavino, di rientro da un incontro da Bruxelles dove Cia ha un ufficio internazionale permanente, ha spiegato innanzitutto come si è generata questa situazione di crisi e incertezza economica, a cominciare dal Ttip (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti) che era stato a lungo negoziato e poi fermato da Donald Trump, dando origine a questo tipo di barriera, a cominciare dal Messico. Ad aggravare la situazione si sono aggiunte le questioni tutte americane dell’Airbus-Boeing e della Digital-tax. I negoziati attuali – ha spiegato Scanavino – prevedono la risoluzione di alcune questioni tra cui energia, appalti sui servizi, la chimica ad esempio; un tema è anche l’agroalimentare che, però, non è il punto di partenza, nonostante il miliardo e mezzo di euro del solo export di vino italiano.
Gli scambi tra Usa e UE fanno pensare che si avvii una mediazione commerciale. Ci sono tentativi in corso di agreement, specie tra i negoziatori (in Europa ce ne sono di ottimi), e la Francia avrebbe già raggiunto un accordo, con il rinvio dell’applicazione al prossimo anno (che sposta solamente il problema nel tempo).
In un mondo sempre più aperto al cambiamento e al libero scambio, qualcuno in sala tra i presenti ha definito i dazi “roba da Medioevo”. Commenta Conterno: “L’Europa si muove in ordine sparso, le Nazioni cercano di trattare in maniera individuale. Anche in Italia bisogna cambiare il modo di vedere l’agricoltura e di intendere il sistema: se non si agirà insieme saremo sempre più deboli. E lo diciamo da Cuneo, la prima provincia italiana nell’agroalimentare, come fatturato”. E se spiegato da chi del Barolo ha fatto un esempio mondiale di marketing del territorio… non c’è nulla da aggiungere.