“Dopo anni di grave crisi- dichiara il responsabile nazionale del GIE (Gruppo di Interesse Economico) zootecnia della Cia, l’allevatore fossanese Renato Silvestro- il comparto suinicolo registra un positivo miglioramento. Da alcuni mesi le quotazioni sono in rialzo, i prezzi dei suini pesanti da macello hanno raggiunto ad agosto la quota di 1,675 €/kg, il che significa un netto incremento rispetto ad un 2015 che aveva fatto registrare una media annua di 1,356 €/kg. Anche se è presto per parlare di superamento definitivo della crisi, riscontriamo, comunque, con soddisfazione un buon segnale per la suinicoltura italiana. Se il comparto può tirare un sospiro di sollievo lo si deve ad una serie di concause: in primis il sacrificio di chi ci lavora e che ha resistito, più volte, alla tentazione di chiudere l’allevamento, alla elevata professionalità dei suoi operatori che hanno saputo far distinguere qualitativamente la nostra produzione da quelle delle altre suinicolture europee e mondiali. Probabilmente a questo ha contribuito anche EXPO 2015, con la quale si è saputo intercettare, più del passato, la domanda internazionale di diversi segmenti del mercato facendo affermare la miglior qualità organolettica delle nostre carni. Ne sono stati conquistati anche i cinesi che, dopo l’adozione di nuove norme sanitarie ed ambientali rispondenti agli standard internazionali, hanno incrementato l’import di nostri suini ( ricordiamo che la popolazione cinese consuma mediamente 39,3 kg di carne di maiale all’anno per abitante) e di nostri prodotti trasformati. Qualcosa di positivo si sta prospettando anche per il mercato russo a seguito della sentenza del WTO sulla non pertinenza dell’embargo dei prodotti di origine suina”.
Tutto oro quello che luccica? “Magari!- continua Renato Silvestro. Riconosciamo che ci sono stati di aiuto, e ci sono, fattori internazionali che hanno prodotto una congiuntura per noi favorevole, che, comunque, meglio del passato, abbiamo saputo cogliere. Molto, comunque, resta da fare nel comparto suinicolo nazionale. A cominciare dall’avvio in concreto dell’interessante progetto discusso a Brescia a fine giugno con il ministro per le Politiche agricole, Martina. Purtroppo, anche a causa di nuove ed impreviste emergenze, le prime tappe del percorso non si sono realizzate, l’incontro ministeriale di luglio è saltato, il decreto per la valorizzazione delle produzioni attraverso una visibile tracciabilità, a cominciare dal marchio “Suino nato ed allevato in Italia”, è rimasto sulla carta. La possibilità di mantenimento dell’attuale posizione faticosamente conquistata permarràe a condizione che decolli al più presto il progetto strategico di rilancio del settore messo a punto con il Governo. A cominciare dalla iniziativa promozionale che, da una parte, sappia contrastare efficacemente la campagna mediatica di demonizzazione del consumo della carne ( se è fuori discussione che il consumo esagerato di carne può dare origine a disturbi metabolici è altrettanto fuori discussione che un uso moderato di carne è di grande utilità per la nostra salute) e, al contempo, comunichi al consumatore le straordinarie qualità nutrizionali ed organolettiche della carne suina assicurate dal rispetto del disciplinare di produzione e garantite da migliaia di controlli l’anno da parte di rigorosi Enti di certificazione”. “Gli allevatori – conclude Silvestro – sono per la vigilanza, i controlli minuziosi, le severe sanzioni per chi sgarra ma chiedono solo una riduzione di carta e burocrazia, un carico amministrativo eccessivo che richiede troppo tempo ( e denaro) con la preoccupazione di incorrere in errori formali, pesantemente multati”.